martedì 19 aprile 2011

Vento di primavera - proiezione del 19 aprile 2011



Vedere i ragazzi di una scuola superiore quasi pietrificati durante e alla fine della proiezione di Vento di primavera, come è accaduto oggi, dà ragione alla regista e alle sue scelte stilistiche, attraverso le quali ha voluto mettere gli spettatori al centro della scena, insieme ai protagonisti, perchè fossero coinvolti nella vicenda, dal di dentro. Ma soprattutto, vedere la loro attenzione, percepire l'importanza del loro silenzio, attento a cogliere la storia di Jo Weissman e di Nonò, dell'infermiera Monod e del Velodromo d'inverno, scorgere la loro commozione e partecipazione, dà senso e compimento alla nostra idea fissa: far incontrare i giovani e il cinema di qualità...
Un film difficile in quanto emotivamente sconvolgente, perchè si sa, e se non lo si sa si cerca di raccontarlo proprio attraverso il film, quello che è accaduto è reale, è storia, è lì e ci interroga senza sosta. I ragazzi oggi non hanno fatto domande, forse perchè Vento di primavera è un film che li ha scossi profondamente, ma sono stati pronti a rispondere alle mie domande, perchè il film ha raggiunto l'obiettivo, è passato attarverso i loro occhi per raggiungere il cuore e il cervello e metterli in moto. Non ci sono state domande perchè, come ha detto un simpaticissimo ragazzo in balconata, "è un bel film, che commento c'è da fare se non che è un bel film?". Ed è anche un'opinione condivisibile. Ma alla mia sollecitazione sulla credibilità o meno del finale i ragazzi non si sono fatti cogliere impreparati. "No, non è credibile, non è verosimile", hanno decretato in coro. E allora perchè la regista ha scelto questo finale? "Per darci una speranza" ha gridato una ragazza alzando la mano, felice di aver colto nel vero con la sua risposta, alla mia conferma. E la regista, la Bosh, sarebbe contenta di sapere che il suo film, che lei ha scelto di girare "per il futuro" , è piaciuto tanto a quelli che il "futuro" lo sono, cioè questi ragazzi, che hanno colto il suo volgere lo sguardo alla memoria, ma solo per costruire quello che deve ancora venire: il "futuro", appunto!

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