lunedì 21 maggio 2012

Quinto giorno da Cannes: e non avete ancora visto niente!

Il discorso sulla morte continua se la mattinata si è aperta con Orfeo ed Euridice. La loro storia messa in scena all’interno di una messa in scena all’interno di un’altra messa in scena che è il film di Resnais, myse en abime, come diciamo noi a Cannes!…e tutto comincia con la riunione di un gruppo di attori che interpretano sé stessi,e che vengono convocati alla morte del drammaturgo che ha scritto un’Euridice, da loro messa in scena in momenti diversi. Moltiplicazione dei piani, della recitazione, così come avviene all’inizio del film, quando la notizia viene data al telefono ad uno ad uno degli attori, che quindi si presentano in una sorta di titolo di testa recitato. Ad un certo punto (siamo all’inizio), lo spettatore  pensa : ma deve proprio farceli vedere tutti? E poi capisce che sì, è necessario, perché quello che conta per il regista è la messa in scena, non la storia in sé…colpi di teatro, colpi di scena finali che hanno colto di sorpresa gli spettatori della sala Lumiere, costretti  a vedere l’epilogo del film in piedi sulle scale, perché  si erano alzati poco prima convinti che il film fosse finito lì (è vero che ai festival si corre da una sala all’altra, ma succede anche in sale di normale programmazione e mi chiedo sempre se abbiamo lasciato la fiamma del gas accesa)…e invece no, come dice il titolo del film, ancora non avete visto niente!!! Un film  teatrale, una rappresentazione teatrale vera e propria, ma con la possibilità del doppio cast, anzi triplo, in scena contemporaneamente. Materiale prelibato per i gourmet del teatro, difficile da digerire per chi non lo ama…un film non da tutti. E poi la potenza, anche qui, di questo intreccio Amore e Morte, Morte che, come dice Amalric, suo messaggero, non è dolorosa, doloroso è ciò che rimane infine della vita, perché  la morte in sé è dolce, è rapida. Un Amalric sempre splendido, così come Piccoli e tutto il resto del cast. Insomma, come dire, Resnais…nei suoi film riesco sempre a intravedere il suo divertimento, il gusto che con molte probabilità ha sperimentato nel realizzarli. Chapeau!                                       Dopo questa dose di teatro a colazione, un tuffo nella realtà più drammatica. Un film senegalese, La piroga, che racconta il disperato viaggio in piroga di un gruppo di 30 tra senegalesi e guineani, alla ricerca di una speranza di vita in Spagna. In valigia, la disperazione, il non aver nulla da perdere, se non la vita, come accadrà a molti di loro. Ma il racconto è interessante perché mostra le dinamiche che si creano in questo eterogeneo gruppo di persone, ognuno con la sua storia, il suo scopo, la sua lingua, le sue  abitudini, in una convivenza così difficile come   quella di una piroga in mezzo all’Oceano. Un racconto drammatico, senza aggiunte se non quelle drammatiche della realtà stessa che raccontano. Senza punte di pregio, da un punto di vista squisitamente formale, senza particolari difetti. E il viaggio continua con The Hunt. Sono rimasta due ore avvinta allo schermo. Ma il colpo di fulmine c’era stato già alla prima scena. Quella di un bagno autunnale in un lago gelido, all’apertura della stagione della caccia. La camera, nei momenti in cui racconta l’amicizia, la goliardia di questo gruppo di uomini, volteggia irrequieta da un volto all’altro, da una bottiglia all’altra, mentre cantano (il canto ritorna, come nelle giornate precedenti, segno di appartenenza , di memorie condivise) ….per farci entrare in quel clima, in quell’atmosfera, sui cui possi si innesterà, o meglio, cadrà come un fulmine, la vicenda del film. Un presunto abuso su una bambina. Presunto. Ma lo spettatore sa che cosa è accaduto veramente, e questa conoscenza, rispetto ai protagonisti, è quella che fa la differenza. Perché ci porta a pensare da un altro punto di vista, a vedere la vicenda come solo l’accusato può vederla. Un film che indaga nel profondo l’amicizia, il giudizio, la verità e la convinzione di possederla, e in massimo grado, il sospetto. Perché una volta insinuato, non basta un giudice, una sentenza, a chiarire il tutto. Il dubbio resta e come un’ombra, spara su Lucas, non colpendolo, come una sentenza definitiva, ma facendolo cadere comunque a terra, instabile. Perché il sospetto mina alla radice la possibilità dei legami, dei rapporti umani, andando a colpire la fiducia. Svanita quella, è come costruire una casa sulla sabbia. Una ricerca molto accurata delle immagini, l’inquadratura dal basso a raccontare lo sguardo di Klara, della bambina, un cane che abbaia se si pronuncia il nome della ex-moglie di Lucas, un bellissimo bosco autunnale…insomma, un film mozzafiato. Da vedere assolutamente. La mia corsa contro il tempo non è servita a vedere Lawrence anyway, perché i posti erano esauriti, e allora piano B. Prima un film iraniano, dal quale sono uscita dopo circa 25 secondi….poi un film la cui locandina mi aveva molto incuriosito lo scorso anno qui a Cannes, e cioè I, Anna di Southcombe. Il film non è un capolavoro, ma è gradevole, un thriller, possiamo dire, che si fa guardare con piacere. Ma soprattutto c’è Charlotte Rampling. Quando la vedo sullo schermo rimango sempre incantata, con un tocco di sana invidia per la sua classe, la sua bellezza, la sua eleganza naturale. Lo  scorso anno, sul Red Carpet, con uno smoking da donna, ed un semplice filo di perle, ma soprattutto con la naturalezza dei movimenti, l’affabilità, era la donna più bella ed elegante, nonostante il luccichio e la preziosità degli abiti delle altre.   Bella la canzone iniziale e finale del film, “Cry a tear for the man in the moon”. La serata si è poi conclusa con il quinto film della giornata, e cioè l’iraniano Private life of Mr. And Mrs. M. Che dire: da non far vedere alle coppie che stanno per sposarsi. Su un pretesto di una promozione lavorativa, un film verboso, quasi fastidioso in questo, sul rapporto tra un marito ed una moglie, che nonostante il parlare continuo, uno sull’altro, non riescono a comunicare. A più riprese avrei voluto urlare di smetterla!!! Ma i due protagonisti non avrebbero ascoltato il mio grido d’aiuto, continuando il loro vociare isterico. Un film sull’incomunicabilità. Ma girato in un modo un po’ artigianale. Non so se fosse la copia rovinata, c’erano delle sovraesposizioni di luce, o dei passaggi così continui dal chiaro allo scuro e viceversa, insomma…si può anche perdere. Nessuna foto, oggi, sia per la pioggia che per il fatto di essere stata quasi sempre in sala…speriamo nel sole del domani!!

Nessun commento:

Posta un commento