Il discorso sulla morte continua
se la mattinata si è aperta con Orfeo ed Euridice. La loro storia messa in
scena all’interno di una messa in scena all’interno di un’altra messa in scena
che è il film di Resnais, myse en abime, come diciamo noi a Cannes!…e tutto
comincia con la riunione di un gruppo di attori che interpretano sé stessi,e
che vengono convocati alla morte del drammaturgo che ha scritto un’Euridice, da
loro messa in scena in momenti diversi. Moltiplicazione dei piani, della
recitazione, così come avviene all’inizio del film, quando la notizia viene
data al telefono ad uno ad uno degli attori, che quindi si presentano in una
sorta di titolo di testa recitato. Ad un certo punto (siamo all’inizio), lo
spettatore pensa : ma deve proprio
farceli vedere tutti? E poi capisce che sì, è necessario, perché quello che
conta per il regista è la messa in scena, non la storia in sé…colpi di teatro,
colpi di scena finali che hanno colto di sorpresa gli spettatori della sala
Lumiere, costretti a vedere l’epilogo
del film in piedi sulle scale, perché si
erano alzati poco prima convinti che il film fosse finito lì (è vero che ai festival
si corre da una sala all’altra, ma succede anche in sale di normale programmazione
e mi chiedo sempre se abbiamo lasciato la fiamma del gas accesa)…e invece no,
come dice il titolo del film, ancora non avete visto niente!!! Un film teatrale, una rappresentazione teatrale vera e
propria, ma con la possibilità del doppio cast, anzi triplo, in scena
contemporaneamente. Materiale prelibato per i gourmet del teatro, difficile da
digerire per chi non lo ama…un film non da tutti. E poi la potenza, anche qui,
di questo intreccio Amore e Morte, Morte che, come dice Amalric, suo
messaggero, non è dolorosa, doloroso è ciò che rimane infine della vita, perché
la morte in sé è dolce, è rapida. Un
Amalric sempre splendido, così come Piccoli e tutto il resto del cast. Insomma,
come dire, Resnais…nei suoi film riesco sempre a intravedere il suo divertimento,
il gusto che con molte probabilità ha sperimentato nel realizzarli. Chapeau! Dopo
questa dose di teatro a colazione, un tuffo nella realtà più drammatica. Un
film senegalese, La piroga, che racconta il disperato viaggio in piroga di un
gruppo di 30 tra senegalesi e guineani, alla ricerca di una speranza di vita in
Spagna. In valigia, la disperazione, il non aver nulla da perdere, se non la
vita, come accadrà a molti di loro. Ma il racconto è interessante perché mostra
le dinamiche che si creano in questo eterogeneo gruppo di persone, ognuno con
la sua storia, il suo scopo, la sua lingua, le sue abitudini, in una convivenza così difficile come
quella di una piroga in mezzo all’Oceano.
Un racconto drammatico, senza aggiunte se non quelle drammatiche della realtà
stessa che raccontano. Senza punte di pregio, da un punto di vista
squisitamente formale, senza particolari difetti. E il viaggio continua con The Hunt. Sono rimasta due ore avvinta
allo schermo. Ma il colpo di fulmine c’era stato già alla prima scena. Quella
di un bagno autunnale in un lago gelido, all’apertura della stagione della
caccia. La camera, nei momenti in cui racconta l’amicizia, la goliardia di
questo gruppo di uomini, volteggia irrequieta da un volto all’altro, da una
bottiglia all’altra, mentre cantano (il canto ritorna, come nelle giornate
precedenti, segno di appartenenza , di memorie condivise) ….per farci entrare
in quel clima, in quell’atmosfera, sui cui possi si innesterà, o meglio, cadrà
come un fulmine, la vicenda del film. Un presunto abuso su una bambina. Presunto.
Ma lo spettatore sa che cosa è accaduto veramente, e questa conoscenza,
rispetto ai protagonisti, è quella che fa la differenza. Perché ci porta a
pensare da un altro punto di vista, a vedere la vicenda come solo l’accusato
può vederla. Un film che indaga nel profondo l’amicizia, il giudizio, la verità
e la convinzione di possederla, e in massimo grado, il sospetto. Perché una
volta insinuato, non basta un giudice, una sentenza, a chiarire il tutto. Il
dubbio resta e come un’ombra, spara su Lucas, non colpendolo, come una sentenza
definitiva, ma facendolo cadere comunque a terra, instabile. Perché il sospetto
mina alla radice la possibilità dei legami, dei rapporti umani, andando a
colpire la fiducia. Svanita quella, è come costruire una casa sulla sabbia. Una
ricerca molto accurata delle immagini, l’inquadratura dal basso a raccontare lo
sguardo di Klara, della bambina, un cane che abbaia se si pronuncia il nome
della ex-moglie di Lucas, un bellissimo bosco autunnale…insomma, un film mozzafiato.
Da vedere assolutamente. La mia corsa contro il tempo non è servita a vedere
Lawrence anyway, perché i posti erano esauriti, e allora piano B. Prima un film
iraniano, dal quale sono uscita dopo circa 25 secondi….poi un film la cui
locandina mi aveva molto incuriosito lo scorso anno qui a Cannes, e cioè I,
Anna di Southcombe. Il film non è un capolavoro, ma è gradevole, un thriller,
possiamo dire, che si fa guardare con piacere. Ma soprattutto c’è Charlotte Rampling.
Quando la vedo sullo schermo rimango sempre incantata, con un tocco di sana
invidia per la sua classe, la sua bellezza, la sua eleganza naturale. Lo scorso anno, sul Red Carpet, con uno smoking
da donna, ed un semplice filo di perle, ma soprattutto con la naturalezza dei
movimenti, l’affabilità, era la donna più bella ed elegante, nonostante il
luccichio e la preziosità degli abiti delle altre. Bella
la canzone iniziale e finale del film, “Cry a tear for the man in the moon”. La
serata si è poi conclusa con il quinto film della giornata, e cioè l’iraniano
Private life of Mr. And Mrs. M. Che dire: da non far vedere alle coppie che
stanno per sposarsi. Su un pretesto di una promozione lavorativa, un film
verboso, quasi fastidioso in questo, sul rapporto tra un marito ed una moglie,
che nonostante il parlare continuo, uno sull’altro, non riescono a comunicare.
A più riprese avrei voluto urlare di smetterla!!! Ma i due protagonisti non
avrebbero ascoltato il mio grido d’aiuto, continuando il loro vociare isterico.
Un film sull’incomunicabilità. Ma girato in un modo un po’ artigianale. Non so se
fosse la copia rovinata, c’erano delle sovraesposizioni di luce, o dei passaggi
così continui dal chiaro allo scuro e viceversa, insomma…si può anche perdere. Nessuna
foto, oggi, sia per la pioggia che per il fatto di essere stata quasi sempre in
sala…speriamo nel sole del domani!!
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