sabato 19 maggio 2012

Secondo e terzo giorno a Cannes

Come accennato questa notte agli amici di fb, ero troppo stanca per scrivere, e allora ho deciso di scrivere un post cumulativo, un'offerta speciale dalla Costa Azzurra, anche perchè il confine tra una giornata e l'altra diventa sempre più labile, visto che le ore di sonno della scorsa notte, ad esempio, corrispondevano al numero di 3....ieri dunque sono entrata nel vivo del festival, nel senso che mi sono data a quella ubriacatura di film, di gente, di incontri, di corse da una parte all'altra del Palais du festival e di Cannes, che fanno parte a pieno titolo dell'esserci. Oltre al fatto di incontrare Nanni Moretti, che vigila sul festival, da presidente di giuria. La mattina è iniziata con Student, un film di Omirbayev, Kazakistan, ispirato a Delitto e Castigo di Dostoevskij. Intenso, regia curatissima come piace a me, lento il giusto (forse non tutti sarebbero d'accordo)...un film per pochi, di nicchia, da me, come direbbero gli amici che non vengono al cinema con la sottoscritta.
A seguire un nuovo fallito tentativo di entrare alla proiezione delle 14 della Sala du 6o, che ha fatto dirottare la scelta su Six points for Emma. Interessante, ben fatto, contemporaneo, oserei dire. Un film spagnolo che, mi dicono dalla regia occulta di CinemaSpagna, era tra quelli papabili per il festival da poco concluso a Roma. Ma tra la pioggia e il vento e l'acquisto degli ombrelli (ah, i cari amici extracomunitari che sbucano come talpe alla prima goccia di pioggia, a Roma! Qui ne ho alla fine trovato uno, ma nascosto in una stradina laterale....ed era uno solo!), sono arrivata di corsa al Teatro Croisette per la mia seconda proiezione da Quinzaine (il primo amore non si scorda mai, l'anno scorso con l'impegno in giuria me li sono visti quasi tutti!):
 NO di Larrain: è stato un colpo di fulmine!! Intenso, avvincente, un ritmo serratissimo dettato da una macchina da presa inquieta come i fatti che racconta....quando un film racconta la Storia raccontando una storia....Larrain for president! Ancora oggi canticchio il jingle dello spot per la campagna del no che il film racconta! Alla fine del film avrei voluto alzarmi per cantare, gioire, e versare nuovamente quelle belle lacrime che erano già cadute durante la proiezione.
Poi di corsa il treno, mezz'ora per togliersi di dosso la stanchezza di una giornata e vestirsi a festa per il red carpet serale, quello di  Reality di Matteo Garrone. In sala anche il mitico Sean Penn...uno sguardo che parla più di mille parole! Garrone è riconoscibile nel suo tocco, in questa che viene definita una commedia nera. Una prima parte riuscita, che però non trova, secondo me, adeguato seguito nella seconda. Insomma, alla ricerca del turning point perduto...purtroppo, come raccontavo oggi ad un collega di Hong Kong, un reality che tristemente fotografa qualcosa che esiste...per fortuna gli stranieri, come Gary, appunto, pensavano fosse tutto inventato! Salviamo almeno la faccia! Ma la serata di gala non poteva che concludersi con un viaggio di ritorno in albergo a borgo di una comodissima Mercedes grigia.  L'autista mi ha chiamato per dirmi dove mi aspettava e mi ha detto:"Sono vestito di nero!". "Come tutti gli uomini in circolazione questa sera!", gli ho risposto io, visto che lo smoking è d'obbligo per queste serate. Ma ci siamo trovati ugualmente.
La giornata odierna si è invece aperta con la famosa proiezione delle 0830...eh si, la vita da festival è fatta anche di levatacce...purtroppo sprecate, come nel caso si Lawless. Non solo è un film orribile, che credo sia stato selezionato in un momento di totale annebbiamento delle vista dei selezionatori, ma è davvero un film che ci si chiede perchè sia stato mai fatto. Nè per la storia (esiste una storia?), nè per la recitazione (facce e voci cos' da duro neanche nelle parodie demenziali...), nè la regia.  Insomma, non merita di essere a Cannes ma neanche in sala! Da evitare assolutamente....sono fuggita!!
Per fortuna è andata molto meglio con il secondo film dela giornata: Beasts of the southern wild, di Behn Zeitlin. Che dire? Intenso come un terremoto, evocativo, selvaggio, potente, struggente, originale nel racconto per immagini dei sentimenti e dei temi di sempre: natura, amore, vita, morte. Huspuppy, la bambina protagonista, porta sulle sue spalle la nostra commozione di fronte alla perdita, alla paura, alla morte. Perchè è coraggiosa, e davanti all'Horcrux non fugge, ma lo affronta per sè, per noi, per il padre. Perchè si sente e si dichiara "a little piece of the big big universe".
Subito dopo ero pronta per andare a vedere Antiviral, ma la fila già esagerata presente un'ora prima mi ha fatto desistere, perchè correvo il rischio di non entrare. E allora cambio di rotta su Paradise:Liebe. Un film molto amaro, sulla triste condizione di chi cerca disperatamente l'amore, ma mente a sè stessa barattando un po' d'affetto da amanti a pagamento. Ma a pagare è una donna, cinquantenne austriaca, a vendere, uno stuolo di bei ragazzi kenyoti che vivono di questa forma aberrante di turismo che viene detta "sessuale".  Immagini di una nititidezza quasi accecante, a volte ferme come in un quadro, sospese in una sorta di irrealtà colorata, che non rappresenta alcun luogo, se non quello della tristezza dell'incontro di chi non trova e non ha trovato l'amore, e chi invece non ha trovato da mangiare, da lavorare e si vende. Da vedere. Non per tutti.
E infine, dpo il pomeriggio trascorso al meeting di Europa Cinemas e una bella conversazione con Ian Christie e Lucas Varone, di corsa al cinema STAR per recuperare "Rust & Bone" diAudiard. Come nel caso di Larrain, una macchina da presa inquieta, che volteggia sui corpi, sui volti, sulle ossa, raccontandoci una storia, veramente più storie, che sembrano partire una dall'altra, come una sorta di domino. La scena di aprertura, dopo i titoli ed immagini che sembrano avvolte nell'acqua, del liquido amniotico, di un lago ghiacciato (chi lo sa!), è quella di Alì che cammina per strada, e mi è sembrato quasi un voler riprendere il filo con la bellissima scena finale de Il profeta, dove il nostro protagonista lascia il carcere e cammina per la città sulle note di Mackie Messer...quasi un "dove eravamo rimasti?".  Anche in questo film molto bella e importante la musica, ma anche le tante piccole e grandi trovate stilistiche, i rumori attutiti per un crescendo di musica, che da diegetica si trasforma in  extradiegetica, fino ad arrivare al colpo al cuore dello spettatore: un nero, proprio verso la fine, sul quale sono cadute le ultime lascrime di riserva che avevo, ma di cui non vi svelo altro, per non rovinare il film. Bello, intenso, bella regia, consigliatissimo!
Vi lascio perchè domani mattina la sveglia suona implacabile per andare a vedere Love, di Haneke, Theatre Lumière,ore 0830!!



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