Il racconto dell'ultima giornata di Cannes ve lo scrivo dal divano di casa mia a Roma....ieri mattina, come detto, gli ultimi due film. Il primo è uno di quei film che si possono tranquillamente perdere. L'ho visto fino alla fine perchè ero incastrata nel mezzo di una fila di poltroncine, e sarebbe stato impossibile uscire, ma vi giuro che ho dovuto fare molta, ma molta pressione su me stessa per non urlare! So di essere impopolare, ma a suo tempo, quando lessi il libro (On the road di Kerouac, stesso titolo dato al film), ne rimasi insoddisfatta. Tanto rumore per nulla, pensai. Un libro manifesto di una generazione, la vita on the road, il mito americano, del viaggio dall'est all'ovest...insomma, su di me non esercitarono alcun fascino particolare, ma ovviamente ero consapevole che il libro aveva avuto un significato ed un impatto diverso nel momento in cui era uscito. Beh, il film non è riuscito a farmi cambiare idea. Due ore e venti:troppo, posso resisterle solo se vedo un capolavoro come Faust! Mi venivano in mente solo le parole: inutile e noioso.
Dopo questa prova di resistenza, una breve pausa di 30 minuti, in cui ho avuto la divertente esperienza di ascoltare un musicista di strada, un violinista, che su Rue d'Antibes, una strada piena di eleganti vetrine, diffondeva le note di "Oh campagnola bella....": mi sono sentita a casa, l'Abruzzo in fiore anche a Cannes! E poi di nuovo in Sala Lumière a vedere l'ultimo film prima di partire: Holy Motors di Carax. Che dire? Non potevo concludere meglio. Io che scrivo durante i film, ho consumato mezzo taccuino! Surrealtà allo stato puro, un film che riesce a sorprendere, a divertire, a spiazzare, con grande maestria, rappresentando una sorta di summa di tanti temi, film, storie, anche presenti a Cannes. Si parte con la ripresa di una pubblico, in una sala cinematografica, come nella scena iniziale del film di Haneke (anche se lì eravamo in un auditorium). Ma qui abbiamo visto in precedenza cosa stanno guardando gli spettatori: un'immagine che ritroveremo alla fine di questo slalom speciale, fatto di rimandi, di situazioni, di rappresentazioni cinematografiche, di ironia all'ennesima potenza. E poi, come in Resnais, il teatro, la finzione, il camerino mobile. E via attraverso i set che ci vengono proposti, in incastri che ci conducono sulla soglia della comprensione, senza farcela mai afferrare davvero, strappandoci di mano le certezze e le verità di un nostro tentativo di inquadramento di una materia che si trasforma continuamente davanti ai nostri occhi. Con risultati sorprendenti. Sento già i commenti della mia amica Rosanna, quando e se vedrà il film, sulla sua incomprensibilità, ma, come le dico sempre, io adoro l'arte che suscita domande, curiosità, che ti fa lambiccare il cervello, lo stimola, ma non dà necessariamente risposte. E allora formiamo un corteo che segue non il pifferaio magico, ma un manipolo di suonatori di fisarmonica, prenotiamo un soggiorno nella clinica Samaritaine, seguiamo l'uomo con la maschera da uomo ragno, lasciamoci trasportare dalle note di "Who where we..." cantata da Jean...e quando "the end is near..", sbrighiamoci, perchè "dobbiamo ridere prima di mezzanotte. Chissà se rideremo nella prossima vita". Perchè "We would like to live again", ma nell'attesa, parcheggiamo alla Holy Motors!
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