Ma il film ha riscosso comunque, in generale, un gradimento, e Bellocchio, forse per questo, era particolarmente contento , spiritoso e disinvolto in conferenza stampa. Ad un giornalista che gli ha chiesto se il suo fosse un film politico ha risposto: “Mi viene in mente quel film di Moretti in cui si dice: ma la lotta di classe, dov’è la lotta di classe?
Subito dopo è stata la volta di O GEBO E A SO OMBRA, il film di Manuel de Oliveira. Un film
stellare, nel cast, se vi nomino Micheal Londsdale, Claudia Cardinale, Jeanne
Moreau, per citarne alcuni. Un film basato su di una piece teatrale e che tale
impianto teatrale si porta dietro. Un film di parola, quasi completamente
girato in un’unica stanza, anzi, oserei dire, in un’unica parte della stanza,
visto che la camera è pressochè fissa ad inquadrare Micheal Londsdale che
scrive, lavora, facendo i conti, e chi si siede accanto a lui, la moglie, la
nuora, un amico. E qui, in questo film
così lontano dagli altri del festival , si tocca un tema già presente in un
film diversissimo, come Pietà di Kim Ki-duk, cioè quello del denaro, intorno a
cui ruota la vicenda familiare rappresentata. Perché è il denaro che manca a
questa famiglia, che vive in ristrettezza, è il denaro che il padre conta e
annota, facendo il contabile, è il denaro che il figlio sciagurato, prima
assente e poi figliol prodigo senza pentimento, ruba gettando la sua famiglia
nello sconforto e soprattutto il padre in galera, visto che si assume la
responsabilità del furto. E alle parole di conforto che cercano di rivolgersi,
questo padre, agnello sacrificale, risponde: “Quando si toccano i soldi, non si
perdona mai.”. Bello ma faticoso nel vedersi per il suo impianto narrativo.
Pausa da visioni per assistere alla conferenza stampa di
Spring Breakers e Bella addormentata e poi nel pomeriggio è stata la volta del
consueto appuntamento con il film delle 17 in Sala Darsena, per le Giornate
degli autori. Sto parlando di Heritage di
Hiam Abbas, una regista palestinese, famosa soprattutto come attrice (la
ricorderete nell’Ospite inatteso, protagonista de Il giardino dei limoni e
tanti altri film). Il film, Heritage,
racconta la storia di una famiglia palestinese che sembra aver raggiunto un
punto di rottura. Ogni componente della famiglia ha il suo dramma, chi sta
fallendo economicamente, chi nel suo matrimonio, il padre che va in coma, la
figlia che cerca di vivere il suo amore per uno straniero, ribellandosi ai
dettami della sua cultura e delle tradizioni…ed è questo certamente l’episodio
centrale, che indaga, in questo come in tanti altri film di questa mostra, la
condizione della donna raccontata da una regista donna, anche se la stessa Hiam
Abbas, nell’incontro a fine film, ha preso le distanze dal concetto di
solidarietà femminile con cui si voleva etichettare il film, perché a lei
interessa l’essere umano, e vanno tralasciate le distinzioni tra i sessi, le
divisioni, e tutti i personaggi, uomini o donne che siano, hanno in sé il bene
e il male, non solo di quella società ma del genere umano. Discreto.
Subito dopo è stata la volta di un film che invece mi ha
molto colpito, tanto che l’ho seguito
con un groppo allo stomaco (o forse era la fame, direte voi?). Sto parlando de La Cinquieme Saison, un film potente,
evocativo, che mi è piaciuto molto, ma che sicuramente non è per tutti (lo dico
a tutela di amici che, bontà loro, seguono i miei suggerimenti cinematografici.
Sicuramente possono vederlo Antonella, Alessandro, Andrea, Dompa…astenersi non
cinefili!). Un film sulla natura, ma
soprattutto sul legame tra l’uomo e la natura, in un rapporto proporzionale di
distruzione, di regresso. Accade dunque che la natura si ribelli, nel film, non
attraverso le catastrofi che possiamo immaginare, ma in un percorso di
sottrazione, in cui le stagioni non esistono più, la legna non brucia, il seme
nella terra non germoglia e tutto torna indietro, specialmente l’uomo, ad una
primitività mostruosa. E la felice collettività che ballava compatta sulla
collina per salutare il generale inverno (con delle immagini straordinarie, che
sembrano uscire dal pennello di un pittore), regredisce compatta fino a perdere
le individualità nascoste dietro una maschera bianca che non perdona coloro
che, pur nella tragedia, un volto, una responsabilità, una coscienza, un
pensiero critico lo hanno ancorae che preferiscono essere "l'uomo del paradosso che del pregiudizio." Il tutto intervallato dal racconto del
rapporto tra il suo padrone e il gallo Fred, in una sorta di sintesi e profezia
della parabola tragica di un mondo che, come il gallo Fred, non canta più, a
causa di un branco di struzzi…meditate gente!
Dopo aver trangugiato un Veggy Smith sandwich, insieme a
Donatella ho visto Bellas Mariposas
di Salvatore Mereu. Film che mi ha strappato
qualche risata, con lo strampalato racconto di una ragazzina che dialoga con la
macchina da presa che la sta riprendendo, nel raccontare la sua sconclusionata
famiglia che vive nella periferia di Cagliari. Ma, devo essere onesta, non mi
sento di dare un giudizio sul film, perché molto spesso, durante la proiezione,
la palpebra andava giù. Mi è sembrato ci fossero buone idee, forse tutte non pienamente riuscite nella
realizzazione, ma non sono uscita inorridita…giudizio sospeso.
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