La mattina è partita con più calma, perché il primo appuntamento era l’incontro all’Excelsior di Schermi di qualità. Bello incontrare Cristina, Gianluca, Angela, ascoltare Gianni e gli altri interventi, e poi di corsa alla proiezione del film di Ciprì, è stato il figlio. So già che il mio giudizio non combacia con quello del resto del pubblico che era in sala e degli amici che lo hanno visto con me. Il film sta piacendo a tutti…a me no. E non è neanche uno di quei film che mi lasciano perplessa, in cui il giudizio è sospeso, è un mezzo si e un mezzo no. Ero fermamente convinta del no, all’uscita. Per me non basta che un film parli, attraverso una rappresentazione grottesca, del nostro paese, come tutti quelli a cui è piaciuto mi dicono. Un film deve convincermi anche e soprattutto per come parla di qualcosa, per come racconta una storia, quella storia. Altrimenti ci limiteremmo e leggere i soggetti, senza tanti sforzi ulteriori nel produrre un film. Ho visto nel film tutte le intenzioni, ma, il problema, è proprio quello. Mi piace vedere le intenzioni del regista, dello sceneggiatore, ma devo riuscire a vederle attraverso la realizzazione del film, devo vedere il compimento di quelle intenzioni, fattivo, nel film. Quando invece le intenzioni e le tecniche, e la messinscena, si vede sullo schermo più del suo esito, ecco, il film non riesce a piacermi, non mi convince, anzi, mi da fastidio. Come se, sulla scena, in teatro, recitassero anche le didascalie o le note di regia…capito il concetto? E poi c’è differenza tra grottesco e macchiettistico….
Pausa pranzo seduti (gran lusso) con una bella insalata
davanti insieme e Giuseppe, Federico e …un ometto, un personaggio, che gira
tutti i cinema, i teatri, gli eventi a Roma, e che ci siamo ritrovati anche
qui…e che tentava di attrarre ka nostra attenzione parlando dei palinsesti
delle proiezioni, del perché un film sia alle 1700 piuttosto che alle
1100…momenti di folklore! Dopo pranzo siamo andati a recupare un film di cui
già tanti ci parlavano bene, Wadjda. Si presentava già come un film evento,
essendo stato girato completamente, per la prima volta, in Arabia Saudita, e da
una donna. La storia di una bicicletta, di una conquista, della tenacia, della
perseveranza, dell’ostinazione di una ragazzina, che lotta per avere quello che
si è prefissata: una bellissima bicicletta verde. Che non è, in questo caso,
solo un oggetto, un capriccio. Perché la bicicletta non è un gioco ammesso per
le ragazze, perché per averla bisogna sfidare le convenzioni di una società in
cui non bisogna farsi vedere e sentire dagli uomini, se si è una donna, perché
“la voce di una donna è la sua nudità”.
Ma la cosa più bella del film è che questo racconto non viene fatto con
i toni del vittimismo. Un film semplice,
dove il racconto scorre naturalmente, dove tutto è al posto giusto, e la
scena finale, bellissima, è quello che dovrebbe essere: felicemente
prevedibile.
Poi mi sono concessa un lusso incredibile: due ore di stacco,
in cui ho semplicemente chiacchierato di film, al Movievillage, davanti ad un
cappuccino. Ma al varco mi attendeva una
nuova proiezione. Fill the void, di Rama Burshtein. E un nuovo film che mi
trova in controtendenza rispetto al pubblico (o almeno a quello che era con me
alla sala Darsena). Il film mi è piaciuto, molto. Il pubblico accanto a me lo
ha fischiato, ed addirittura accolto con urla, buuu corali, oltre agli sbuffi
di impazienza che ho sentito durante la proiezione. La storia è ambientata in
una comunità di ebrei ortodossi, quelle in cui gli uomini hanno i boccoli ai
lati del viso, e cappelli che sembrano colbacchi, per capirci. Ma non voglio soffermarmi sulla trama, perché
quello che il film veramente indaga è il tentativo, in questa cultura nello
specifico, ma si potrebbe dirlo un tentativo universale, di capire, comunicare,
vivere, l’amore, e, nello specifico, quello che si declina nel rapporto tra
l’universo maschile e quello femminile. Sebbene i matrimoni siano combinati.
Sebbene si viva come se non vi possa essere altra strada e realizzazione che
nel matrimonio, specialmente per le donne.
E allora ci sono le bellissime scene
di dialogo tra i due protagonisti, nel momento in cui sanno che il loro
incontro è un incontro di approccio destinato ad un futuro ipotetico insieme:
le mani di lei, giovanissima, che impacciate, non sanno trovare una posizione,
lo sguardo meraviglioso di lui, che la guarda con un misto di desiderio,
pudore, dall’alto di una maggiore età ed
esperienza in cose d’amore. Raffinate le riprese, il gioco della messa a fuoco,
i canti inseriti come colonna sonora. Da vedere.
A domani con il resoconto di domenica, 5 film, il pranzo da
scarso, e la visione di Pierce Brosnan ad una distanza di 30 cm!!
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