sabato 1 settembre 2012

Venerdì 31 agosto: bottino di sei film...in differita!

La seconda giornata (venerdì) alla Mostra non poteva iniziare nel migliore dei modi: un bellissimo film israeliano, Epilogue,di Amir Manor, un’opera prima, che mi  ha fatto versare fiume di lacrime mattutine!!!  Un film che mi ha inevitabilmente riportato agli occhi e nel cuore Amour di Haneke, perché protagonista, anche qui, una coppia di persone anziane, che si trovano a confrontarsi e ad affrontare la difficoltà dell’essere “vecchi”,  nel caso del film israeliano anche la difficoltà economica nel tirare avanti, quella fisica degli  acciacchi dell’età, ma soprattutto il peso della fine dei sogni, delle illusioni, il confronto tra un’idea di società che si è cercato di costruire e l’amaro confronto con quella che ci si trova davanti. Commovente, profondo, con una regia sapiente che spia, scruta, compone il quadro, segue la coppia nella suo cammino, scendendo nel profondo e fino in fondo con movimenti di macchina che dicono anche qualcosa sulla storia. Insomma, un’opera prima da tenere d’occhio.
Il secondo film della giornata Superstar. Un film sulla contemporanea concezione di notorietà, sull’essere famosi per 15 minuti, e il ruolo dei media, si, ma soprattutto del web. Un racconto che potremmo definire triste, grottesco, anche se il tono, lungo buona parte del film, è quello di commedia. Una commedia amara però, dove le risate sono più risate isteriche che contemplano qualcosa a cui assistiamo spesso e volentieri: la mitizzazione, con relativa beatificazione laica officiata dai social network, di qualcuno che di mitico non ha niente, se non il fatto di essere stato scelto, senza motivo alcuno, da un non meglio identificato popolo del web…e tutte le conseguenze che ne scaturiscono…le riflessioni sono tante, il film non è un capolavoro, ma si lascia guardare, ci sono alcuni momenti irresistibili, riesce a tenere fino alla fine spostando il baricentro man mano che procede nel racconto. E poi va detto, c’è Cecile De France che è di una bellezza  straordinaria, e i suoi primi piani  varrebbero il film!
Terzo film: La città ideale, di Luigi Lo Cascio. NI. Nel senso che non mi è dispiaciuto del tutto ma non mi ha entusiasmato, ma, soprattutto, ha provocato in me un effetto che il cinema non dovrebbe mai provocare: mi ha fatto guardare l’orologio, il che vuol dire che ad un certo punto non ne potevo più! Mi perdonerà Rosanna, ma l’ho trovato un film un po’ verboso, e molto, molto, molto incentrato sul ruolo che Lo Cascio si è ormai ritagliato per se, a prescindere da quale film faccia. Quello di un uomo irrisolto, problematico, nevrotico, che analizza, sé stesso, il mondo, ogni piccolo gesto. E per questo suo modo d’essere si scontra con il resto del mondo. Un po’ retorico anche il discorso sottinteso sulla giustizia…NI.                                                                                                               
E poi è stata la volta di Queen of Montreuil. 87’ spassosi minuti con una foca, una sessantenne che rincorre un abito da sposa rosa e maneggi a una gru, un lutto da elaborare ospitando due estranei ed una foca in casa propria. Leggero, senza grosse pretese, ma piacevole.
Doppia serata, con due film: At any price e Paradise:Faith.
At any price non mi è piaciuto. Scontato, calca un po’ la mano su tanti stereotipate rappresentazioni di una certa America, con uno Zac Efron che non riesce a spettinarsi neanche quando si toglie il caso, o tira un vento tipo  bora! Il figliol prodigo, tutti duri e puri (neanche tanto), e i sogni infranti contro un albero (guarda caso, in uno sterminato campo di granturco, è riuscito proprio a prendere quell’unico albero!!). Insomma, non mi è piaciuto il tema, il modo in cui è stato scritto e raccontato per immagini. Si era capito? Da perdere. Inutile.

Paradise: Faith.  Un film difficile, un film non per tutti, ma che segue coerentemente il numero uno della trilogia, Paradise:love, visto e apprezzato  a Cannes. Camera fissa,  la capacità di raccontare “asetticamente” quanto si ha davanti, qualunque cosa essa sia.  E non è un caso che sia la protagonista del primo film che quella del secondo siano infermiere, assistenti socio-sanitari. Persone che dovrebbero curare  sé stesse, pima degli altri,  per le aberrazioni, pur diverse, in cui sfogano  la propria infelicità, la propria frustrazione. Un film che esaspera, perché reitera, perché racconta l’ossessione, quella della sequela di militante di Cristo, a caccia di persone da convertire, portando con sé, di porta in porta, una statua della Madonna. Ma, come nel primo caso quello non era amore, qui non ci troviamo di fronte alla fede, ma ad una sua estremizzazione, in una forma di fanatismo che esclude sempre di più questa donna, già profondamente sola.  Un film al limite del grottesco, in alcune scene, con il dubbio  (in Angelo) che non siano plausibili le aberrazioni raccontate,  dubbio instillato da una ragione che non contempla un simile grado di perversione declinata nella fede. Da vedere, un film per riflettere, ma anche un film che racconta  con precisione le scelte stilistiche del regista, la sua poetica. Quello che dovrebbe sempre fare il cinema. In un percorso, in questo caso, con tre tappe, di cui non vedo l’ora di poter vedere la terza.
Come vedete, sono un po' in ritardo sulla tabella di marcia...ma trascorrendo tutto il giorno in sala il ritardo si accumula e la notte condetemi almeno 4 ore di sonno!
Per sabato solo tre film: ma due sono tre mi sono piaciuti, e non è male come media! A domani!

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

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